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le confessioni 9

seguire ogni pratica, non credevo più in ciò che mi avevano insegnato fin dall’infanzia, ma credevo in qualche cosa. In che? Non avrei saputo dirlo. Credevo in Dio, o piuttosto non negavo Dio, ma quale Dio? Non sapevo. Non negavo il Cristo e la sua dottrina, ma in che consistesse questa dottrina, non avrei potuto dirlo.

Oggi, ricordando questo tempo, vedo chiaramente che la mia religione — ciò che, all’infuori degli istinti bestiali, guidava la mia vita — la mia vera credenza d’allora era la fede nel perfezionamento; ma in che consistesse questo perfezionamento, quale fosse il suo scopo, io non sapevo. Cercavo di perfezionarmi intellettualmente, imparando tutto ciò che potevo, tutto ciò verso cui la vita mi spingeva; cercavo di perfezionar la mia volontà, imponendomi delle regole che mi studiavo di osservare; mi perfezionavo fisicamente con ogni sorta di esercizî e abituandomi alla resistenza per mezzo di privazioni d’ogni specie: tutto ciò mi pareva essere il perfezionamento. Certo, al disopra di tutto vi era il perfezionamento morale, ma ben presto questo venne sostituito dal perfezionamento in generale, cioè dal desiderio di rendermi migliore, non ai miei occhi o agli occhi di Dio, ma a quelli degli altri uomini. E ben presto questa tendenza venne anch’essa sostituita dal desiderio d’esser più forte degli altri uomini, cioè più celebre, più importante e più ricco di loro.


II.


Un giorno racconterò la storia della mia vita, storia commovente e istruttiva, durante questi dieci anni della mia gioventù. Credo che molti