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venne a lui, e disse: come stai? che pensi? tu non hai sognato, anzi combattuto, e sei isconfitto. E lo re guardò l’angelo, e disse: come può essere? Io avea tre cotante genti di lui. E l’angelo rispose però t’è avvenuto che tu se’ nemico di Dio. Allora lo re rispose: oh è lo nemico mio sì amico di Dio, che però m’abbia vinto? No, disse l’angelo; che Dio fa vendetta del nemico suo col nemico suo. Va tu coll’oste tua da capo, e tu lo sconfiggerai come elli ha fatto te. Allora questi andò, e ricombattè col nemico suo, e sconfisselo, e preselo siccome l’angelo avea detto.


D’uno strologo ch’ebbe nome Melisus, che fu ripreso da una donna.


NOVELLA XXXVIII.


Uno lo quale ebbe nome Melisus fue grandissimo savio in molte scienzie; e spezialmente in istrologia, secondo che si legge in libro sesto de civitate Dei. E conta che questo savio albergò una notte in una casetta di una feminella. Quando andò la sera a letto, disse a quella feminella: vedi, donna, l’uscio mi lascierai aperto sta notte, perch’io sono costumato di levare a proveder1 le stelle. La femina lasciò l’uscio aperto. La notte piovve, e dinanzi avea una fossa,

  1. provedere; cioè osservare. E il prospicere de’ Latini: e val propriamente osservar da lontano.