Pagina:Le cento novelle antiche.djvu/71

52

Qui conta una novella di messere Imberal del Balzo.


NOVELLA XXXIII.


Messere Imberal del Balzo grande castellano di Provenza vivea molto ad algura1 a guisa spagnuola; et uno filosofo, ch’ebbe nome Pitagora, fu di Spagna, e fece una tavola per istorlomia2 nella quale secondo i dodici segnali erano molte significazioni d’animali. Quando li uccelli s’azzuffano. Quando l’uomo trova la donnola nella via. Quando lo fuoco suona, e delle ghiandaie e delle gazze e delle cornacchie, e così di molti animali molte significazioni secondo la luna. E così messer Imberal, cavalcando un giorno con sua compagnia, andavasi prendendo guardia di questi uccelli, perchè si temea d’incontrare algure. Trovò una femina in cammino, e domandolla, e disse: dimmi, donna, se tu hai trovati o veduti in questa mattina di questi uccelli, siccome corbi, cornille o gazze? E la donna rispose: segnor, ie vit una cornacchia in uno ceppo di salice. Or mi dì, donna, verso qual parte teneva volta sua coda? E la donna rispose: segnor, ella avea volta verso il cul. Allora messer Imberal temeo l’algura, e disse alla sua compagnia: convenga dieu, ie non cavalcherai ni uoi3

  1. Algura, voce antica, lo stesso che augurio. Non fu registrata nel vocabolario della Crusca.
  2. storlomia, voce antica, astronomia, o piuttosto astrologia.
  3. uoi. Il Manni legge huoi. Vale oggi.