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noja, e prese questo povero saracino, e disseli: pagami di ciò che tu hai preso del mio. Il povero rispose: io non ho preso della tua cucina altro che fumo. Di ciò ch’hai preso del mio, mi paga, dicea Fabrac. Tanto fu la contesa, che per la nova quistione e rozza1 e non mai più avvenuta, n’andaro le novelle al soldano. Il soldano per molta novissima cosa raunò savi, e mandò per costoro. Formò la quistione. I savi saracini cominciaro a sottigliare, e chi riputava il fumo non del cuoco, dicendo molte ragioni. Il fumo non si può ricevere, e torna ad alimento, e non ha sostanzia nè propietade che sia utile: non dee pagare. Altri dicevano, lo fumo era ancora congiunto col mangiare, era in costui signoria, e generavasi della sua propietade, e l’uomo sta per vendere di suo mestiero, e chi ne prende è usanza che paghi. Molte sentenzie v’ebbe. Finalmente fu il consiglio: poi ch’elli sta per vendere le sue derrate, tu et altri per comperare, dissero, tu, giusto signore, fa che ’l facci giustamente pagare la sua derrata, secondo la sua valuta. Se la sua cucina che vende, dando l’utile propietà di quella, suole prendere utile moneta; et ora ch’ha venduto fumo, che è la parte sottile della cucina, fae, signore, sonare una moneta, e giudica che ’l pagamento s’intenda fatto del suono ch’esce di quella. E così giudicò il Soldano che fosse osservato.