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Questo libro tratta d’alquanti fiori di parlare, di belle cortesie e di be’ risposi e di belle valentie e doni, secondo che per lo tempo passato hanno fatto molti valenti uomini.
NOVELLA I.1
Quando lo nostro signore Gesù Cristo parlava umanamente con noi, infra l’altre sue parole, ne disse che dell’abbondanza del cuore parla la lingua. Voi ch’avete i cuori gentili e nobili infra li altri, acconciate le vostre menti e le vostre parole nel piacere d’Iddio, parlando, onorando e temendo e laudando quel signore nostro, che n’amò prima che elli ne criasse, e prima che noi medesimi ci amassimo. E se in alcuna parte, non dispiacendo a lui, si può parlare, per rallegrare il corpo e sovvenire e sostentare, facciasi con più onestade e con più cortesia che fare si puote. Et acciocchè2 li nobili e gentili sono nel parlare e nell’opere quasi com’uno specchio appo i minori, acciocchè il loro parlare è più gradito, pe-
- ↑ Questa non è propriamente una Novella; ma un semplice prologo delle Novelle che vengono appresso, e di fatto monsig. Borghini nell’edizione da lui procurata del 1572 non la colloca nel novero delle cento Novelle, ma la premette ad esse col titolo di Proemio.
- ↑ acciocchè. Qui val perciocchè. Trovasi non di rado nelle scritture antiche, ma oggidì non s’usa più, in questo senso.