nobile pianta, almeno si rendano. Et a cui potre’io, acciocchè questo avvenisse, più convenevolemente indirizzarla che a voi? Che luce dirittamente siete della toscana gloria. Il quale non ad ammassar denari, come molti altri fanno, ma a magnificenza usare vi síete dato. La qual virtù, siccome il sole è del ciclo chiarezza e lume, così è ella di ciascuna altra ornamento e splendore. Il che, se per se stesso in voi manifesto non fosse, io producerei molte provincie in mezzo e cittadi e popoli, li quai per benefici da voi ricevuti tranquillissima e lieta menano la lor vita. Che più? Bologna stessa ne potrebbe oggimai ampissima testimonianza rendere, la quale, vostra buona mercè, tutta giuliva e tutta festante si vive. Renderannosi a voi adunque gli onori e le grazie che a così fatto merito si confanno, da coloro a’ quai queste Novelle gioverà aver lette. Li quali per mio avviso saranno infiniti. Perciocchè, come che a prode et a piacere di coloro che non sanno e disiderano di sapere il loro Componitor le facesse, non per tanto è da dire, che elle di gran lunga più aggradire non debbano a coloro che con più sottile intelligenza le leggeranno. Conciosiacosa che, veggendo essi quanto maestrevolmente il vostro leggiadrissimo M. Giovanni Boccaccio abbia, vecchi fiori di questo prato e nuovi d’ogni altro raccolti tessendo insieme, meravigliosa e senza modo dilettevole renduta la tela delle sue sempre care Novelle, ad un’ora l’une per l’altre fieno loro più profittevoli e più care. E chi dirà che