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AL REVERENDISSIMO MONSIGNOR


GORO GHERIO



VESCOVO DI FANO



E DIGNISSIMO VICELEGATO DI BOLOGNA,


SIGNORE E BENEFATTOR SUO SINGOLARISSIMO



Io stimo, reverendissimo e da me sempre osservandissimo monsignore, grazioso ufficio per colui usarsi, il quale a suo potere s’ingegna essere ad infiniti uomini o di lor bene o di lor diletto cagione. Per la qual cosa, essendomi alle mani venuta la presente opera delle Cento Novelle, la quale, di tutte le cose in prosa volgare scritte che in sino a questo dì sono alla mia notizia pervenute, giudico essere la più antica, m’è caduto nell’animo di quella porre nel cospetto degli uomini, affine che il piacere e pro che essa a me ha renduto, possa eziandio rendere a chiunque di leggerla piacerà. Alla qual cosa fare, come che e questa et altre simiglianti ragioni mosso m’abbiano, non di meno niuna ve n’ha che con