Pagina:Le cento novelle antiche.djvu/147

128


il lupo: lascia fare a me, che molto lo so ben fare. Il mulo si li mostrò il piè diritto, sì che li chiovi pareano lettere. Disse il lupo: io non le veggio bene. Rispose il mulo: fatti più presso, perocchè sono minute. Il lupo si fece sotto, e guardava fiso. Il mulo trasse, e dielli un calcio tale, che l’uccise. Allora la volpe se n’andò, e disse: ogni uomo che sa lettera, non è savio.


Qui conta d’uno martore di villa ch’andava a cittade.


NOVELLA XCV.


Uno martore di villa venia a Firenze per comperare uno farsetto. Domandò a una bottega ove era il maestro. Non v’era. Uno discepolo disse: io sono il maestro; che vuoli? Voglio uno farsetto. Questi ne trovò uno. Provollile. Furo a mercato. Questi non avea il quarto de’ danari. Il discepolo, mostrandosi d’acconciarlo da piede, sì li appuntò la camiscia col farsetto, e poi disse: tralti. Quelli lo si trasse. Rimase ignudo. Li altri discepoli furo intenti colle correggie. Lo scoparo per tutta la contrada.