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valse; che, perchè avea detto tre volte, convenne che fosse impeso.
A dire come fu temuto sarebbe gran tela, e molte persone il sanno. Ma si rammenterò come essendo elli un giorno con lo ’mperadore a cavallo con tutta lor gente, s’ingaggiaro chi avesse più bella spada sotto. Lo ’mperadore trasse la sua del fodero, ch’era maravigliosamente fornita d’oro e di pietre. Allora disse messere Azzolino: molto è bella, ma la mia è assai più bella. E trassela fuori. Allora seicento cavalieri ch’erano con lui trassero tutti mano alle loro. Quando lo ’mperadore vide le spade, disse che ben era la più bella.
Poi fu Azzolino preso in battaglia in un luogo che si chiama Casciano, e percosse tanto il capo al feristo1 del padiglione ov’era legato, che si uccise.
D’una grande carestia che fu una volta in Genova.
NOVELLA LXXXV.
In Genova fu un tempo un gran caro2: e là si trovavano più ribaldi sempre, che in niuna altra terra.
- ↑ al feristo. Voce antica, della quale è incerto il vero significato. Pare, secondo il Vocabolario della Crusca, che sia quello stile che regge e sostiene i padiglioni nel campo.
- ↑ un gran caro. Caro sostantivo propriamente dinota quel prezzo disorbitante a cui salgono le cose commestibili quando ce ne ha grande scarsezza; ma usasi ancora per carestia, penuria di viveri.