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cavalieri cominciaro a far gran sollazzo e gran festa del podere di messer Migliore.


Qui di sotto conta il consiglio che tennero i figliuoli del re Priamo di Troia.


NOVELLA LXXXI.


Quando i figliuoli del re Priamo ebbero rifatta Troia, che l’aveano i greci disfatta, et avevano menato Telamone et Agamennon la lor suora Ensiona, i figliuoli di Priamo si fecero ragunanza di loro grande amistade, e parlaro così intra li amici. Be’ signori1, i greci n’hanno fatta grande onta. La gente nostra uccisero; la città disfecero, e nostra suora ne menaro. E noi avemo rifatta la cittade e rafforzata; l’amistà nostra è grande. Del tesoro avemo raunato assai. Onde mandiamo a loro che ci facciano l’amenda; che ci rendano Talamone et Ensiona; e questo parloe Parigi2. Allora il buono Ettore, che passò in quel tempo di prodezza tutta la cavalleria a quello tempo3, parlò così: signori, la guerra non mi piace, e non la consiglio, perchè li greci sono più poderosi di noi. Essi hanno la prodezza, il tesoro e 'l savere; sicchè non

  1. Be’ signori; cioè belli signori.
  2. Parigi. Paride.
  3. a quello tempo. Dopo l’essersi detto un po’ prima in quel tempo, qui è di soprappiù. Il Borghini legge tutte le cavallerie de mondo.