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a poter mantenere la vita di queste istituzioni, che altrimenti sarebbero costrette a chiedere continuamente la carità di parecchi sussidi, per gettare poi in feccia al popolo la solita elemosina dell’istruzione: la Società pratese pensò che a rialzare la dignità del popolo si dovesse starsene lungi da questo falso sistema dell’elemosina, e che stabilendo una piccola tassa mensile veramente popolare fosse meglio interessare alla lettura il popolano pel pensiero che egli ne sarebbe comproprietario, secondo le belle parole del Meyer: «Il feut intéresser à la lecture de vos livree le lecteur par la pensée qu’il en est compropriétaire avec ses compatriotes et voisins... par l’association on se rend fort, par la cotisation on se rend digne, on devient possesseur du livre qu’on lit, et sa lecture au lien d’une feveur devient un droit;» tanto più che suole sempre avverarsi che una cosa che nulla ci costa, poco o nulla anco s’apprezza.

Questo principio fu accolto quasi generalmente dalle varie Biblioteche che si fondarono dappoi, tranne pochissime, fra le quali Venezia, la quale apriva il suo programma con queste parole: « Ora in Venezia qual sistema vorremo seguire? Imiteremo la Società Pratese, o la Lombarda? Sarà, come in quest’ultima, gratuito l’adito alla Biblioteca, che è il tempio della verità? In Venezia dobbiamo far valere questa nuova guisa del bene: non solo non chiederemo danari, ma ne prometteremo in dono».

L’esempio di Prato infatti fu ben presto seguito nelle principali città.

Sorsero in breve delle Società provinciali a Venezia, a Milano, a Siena, a Livorno. Parecchi Consigli di provincia, come Cuneo, Milano, Man-