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libri finché l’Italia vanti i Manzoni, i Grossi, i D’Azeglio, i Carcano, i Tommasèo, i Dall’Ongaro, i Mantegazza, i Cantù, i Nievo, ecc. ecc., e donne come la Percoto, la Ferracci, la Colombini, la Salvo, la Codemo per non ricordare cento altre personalità viventi o i titoli in lungo ordine di buoni libri or ora pubblicatisi dal Treves, dal Barbèra, ecc.: certo non si potrà formare una vera letteratura popolare, nè si potrà sperare che editori si diano a stampar libri tecnici popolari finché non sorgano le istituzioni che debbono usarne e debbon farne richiesta; colla parte nutritiva ci vogliono i corpi digestivi, ed è uno dei più elementari fatti economici che ci avverte non prodursi una merce se non vi è chi la richiede, che l’offerta sta in ragione della domanda, la produzione dunque intellettuale crescerà in proporzione dei così detti consumatori d’idee. E nemmeno vale l’opporre come apparentemente potrebbe sembrare vero, che abbiamo ancora molti analfabeti e che ci bisognano le scuole. — Se abbiamo degli analfabeti abbiamo ancora molti alfabeti, e le scuole sono già parecchie1: ora a che serviranno le scuole e il saper leggere al popolo, se non avrà nulla da leggere? il complemento della scuola primaria è dunque la Biblioteca popolare: la prima è la chiave e la seconda è la casa: avendo la chiave senza la casa non si può dir davvero d’essere alloggiati; così ci ha detto il Macé.

Del resto la lettura in comune giova anco agli analfabeti, e non è infrequente il caso che una

  1. Ricordiamo che la spaventevole cifra dei 17 milioni d’analfabeti, che sempre a caso si sente citare, si riferisce al censimento del 1861, e che in questi 8 anni certo qualcosa si e fatto.