Pagina:Le biblioteche popolari in Italia dall'anno 1861 al 1869.djvu/106


— 102 —


d’assai le biblioteche popolari: avremo da superare delle difficoltà, contraddire vecchie e cattive abitudini, contro di noi staranno armati e in lega l’ozio e i pregiudizi, le male inclinazioni e l’apatia di molti: ci motteggeranno gli oziosi e gli increduli nel bene, quelli che incapaci ad elevarsi a sentimenti nobili e generosi fanno oggetto di scherno se non di calunnia chi con paziente costanza rinuncia alla quiete propria e ai dolci ozi de’ suoi studi per giovare ai suoi simili.

Noi passeremo oltre senza curar costoro, chè le nostre forze dovranno usarsi in più utile combattimento: ci aspetta un nemico fierissimo, assuefatto da secoli a lottare contro gli affetti più sacri, contro la soavità del costume e la temperanza dei modi; la bettola, ecco l'avversario più potente, più ostinato e quasi indomabile delle biblioteche popolari.

Noi ci adopreremo a suscitare dovunque il desiderio della lettura, e se anco in una sola famiglia assuefatta a consumare in vane ciancie e peggio le ore della sera potremo introdurre la buona costumanza del leggere, avremo guadagnato molto, e quella lettura sarà causa di molte altre letture.

Le biblioteche siano in tutto e per tutto modeste; lungi la presunzione dall’aprirle un largo corredo di opere; rammentiamoci di quella esemplare dama di cui ci parla Giorgio Renaud che tra le 8 o 9 biblioteche da essa fondate nella Lorena ne aprì una con 12 volumi soltanto, eppure quei pochi, messi a disposizione dei contadini, diedero in un anno 70 letture! Le biblioteche non deviino dal loro intento per riuscire a bene e perchè l’istruzione non torni più a