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bene, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco. Io voglio che il mio montone sia arrostito bene! —

Figuratevi il povero Arlecchino! Fu tanto il suo spavento, che le gambe gli si ripiegarono e cadde bocconi per terra.

Pinocchio, alla vista di quello spettacolo straziante, andò a gettarsi ai piedi del burattinaio e piangendo dirottamente e bagnandogli di lacrime tutti i peli della lunghissima barba, cominciò a dire con voce supplichevole:

— Pietà, signor Mangiafoco!...

— Qui non ci son signori! — replicò duramente il burattinaio.

— Pietà, signor Cavaliere!...

— Qui non ci son cavalieri!

— Pietà, signor Commendatore!...

— Qui non ci son commendatori!

— Pietà, Eccellenza!... —

A sentirsi chiamare Eccellenza, il burattinaio fece subito il bocchino tondo, e diventato tutt’a un tratto più umano e più trattabile, disse a Pinocchio:

— Ebbene, che cosa vuoi da me?

— Vi domando grazia per il povero Arlecchino!...

— Qui non c’è grazia che tenga. Se ho risparmiato te, bisogna che faccia mettere sul fuoco lui, perchè io voglio che il mio montone sia arrostito bene.