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lestare la gente per bene, che se la dorme tranquillamente.
Dopo mezzo minuto la finestra si riaprì, e la voce del solito vecchino gridò a Pinocchio:
— Fàtti sotto e para il cappello. —
Pinocchio che non aveva ancora un cappello, si avvicinò e sentì pioversi addosso un’enorme catinellata d’acqua che lo annaffiò tutto, dalla testa ai piedi, come se fosse un vaso di giranio appassito.
Tornò a casa bagnato come un pulcino e rifinito dalla stanchezza e dalla fame: e perchè non aveva più forza di reggersi ritto, si pose a sedere, appoggiando i piedi fradici e impillaccherati sopra un caldano pieno di brace accesa.
E lì si addormentò; e nel dormire, i piedi che erano di legno, gli presero fuoco, e adagio adagio gli si carbonizzarono e diventarono cenere.
E Pinocchio seguitava a dormire e a russare, come se i suoi piedi fossero quelli d’un altro. Finalmente sul far del giorno si svegliò, perchè qualcuno aveva bussato alla porta.
— Chi è? — domandò sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
— Sono io! — rispose una voce.
Quella voce era la voce di Geppetto.