Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
― 174 ― |
voltandosi indietro a guardarlo in cagnesco, gli disse sgarbatamente:
— Chetati, Granchio dell’uggia! Faresti meglio a succiare due pasticche di lichene per guarire da codesta infreddatura di gola. Va’ piuttosto a letto, e cerca di sudare!
In quel frattempo i ragazzi, che avevano finito oramai di tirare tutti i loro libri, occhiarono lì a poca distanza il fagotto dei libri del burattino, e se ne impadronirono in men che non si dice.
Fra questi libri, v’era un volume rilegato in cartoncino grosso, colla costola e colle punte di cartapecora. Era un Trattato di Aritmetica. Vi lascio immaginare se era peso di molto!
Uno di quei monelli agguantò quel volume, e presa di mira la testa di Pinocchio, lo scagliò con quanta forza aveva nel braccio: ma invece di cogliere il burattino, colse nella testa uno dei compagni, il quale diventò bianco come un panno lavato, e non disse altro che queste parole:
— O mamma mia,… aiutatemi perchè muoio!… — Poi cadde disteso sulla rena del lido.
Alla vista di quel morticino, i ragazzi spaventati si dettero a scappare a gambe, e in pochi minuti non si videro più.
Ma Pinocchio rimase lì; e sebbene per il dolore e per lo spavento, anche lui fosse più morto