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Il burattino, allora, avrebbe potuto raccontare quel che sapeva; avrebbe potuto, cioè, raccontare i patti vergognosi che passavano tra il cane e le faine; ma ricordandosi che il cane era morto, pensò subito dentro di sè: — A che serve accusare i morti?… I morti son morti, e la miglior cosa che si possa fare è quella di lasciarli in pace!…
— All’arrivo delle faine sull’aia, eri sveglio o dormivi? — continuò a chiedergli il contadino.
— Dormivo: — rispose Pinocchio — ma le faine mi hanno svegliato coi loro chiacchiericci, e una è venuta fin qui al casotto per dirmi: «Se prometti di non abbaiare, e di non svegliare il padrone, noi ti regaleremo una pollastra bell’e pelata!» Capite, eh? Avere la sfacciataggine di fare a me una simile proposta! Perchè bisogna sapere che io sono un burattino, che avrò tutti i difetti di questo mondo: ma non avrò mai quello di star di balla e di reggere il sacco alla gente disonesta!
— Bravo ragazzo! — gridò il contadino, battendogli sur una spalla. — Cotesti sentimenti ti fanno onore: e per provarti la mia grande soddisfazione, ti lascio libero fin d’ora di tornare a casa. —
E gli levò il collare da cane.