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64 Capitolo ottavo.

La Russia ha conquistato il loro paese, sottoponendo volta a volta sotto il suo dominio la grande, la media e la piccola orda, senza però che sia riuscita a cambiare i loro istinti briganteschi. Ed infatti i Kirghisi sono rimasti quelli che erano cent’anni fa.

La quarta razza che vive nella steppa turchestana è la Bukara, chiamata anche Tadjika ed è la più incivilita; e per sua disgrazia anche la più debole, sicchè deve sopportare il giogo delle altre tre. È l’unica che non sia nomade, preferendo vivere nella città e nei villaggi, dedicandosi al commercio ed all’agricoltura, ed a questa appartengono i Sarti che sono una frazione di essa.

Ciò premesso, riprendiamo la nostra narrazione.

Il drappello di Tabriz galoppava sempre, dirigendosi innanzi a tutto verso la tenda del beg per mettere al sicuro i bagagli, che contenevano grandi ricchezze e preziosi gioielli, destinati a Talmà, e che i banditi potevano predare senza che alcuno potesse opporsi a loro.

Il gigante non era troppo tranquillo, potendo darsi che le Aquile avessero lanciati alcuni cavalieri attraverso la steppa per sorvegliare il beg ed i suoi due nipoti, quindi si affrettava, incitando i Sarti, a non risparmiare ai loro cavalli i colpi di frusta.

Le tenebre si erano a poco a poco dileguate e, quantunque l’autunno fosse già inoltrato, il sole dardeggiava sulla steppa dei raggi ancora caldissimi, i quali assorbivano l’umidità del suolo trasformandola in leggere cortine di nebbia.

Attraverso alle erbe fuggivano con velocità fantastica truppe di gazzelle non più grosse di caprioli, col dorso, il collo e le estremità delle membra coperte d’un pelame candidissimo, la testa fulva e grigia, armata di due corna nere e aguzze e gli occhi contornati da una fascia bianca che dà loro un aspetto stranissimo.

Anche molte lepri scappavano quasi di sotto le gambe dei cavalli, non essendo quelle turchestane timide come le nostre, nulla avendo da temere da parte degli uomini, reputando la loro carne non meno impura di quella del maiale.

Alle sette del mattino Tabriz, che aguzzava gli sguardi e che non aveva rallentata la corsa dell’instancabile Heggiaz, scopriva finalmente la tenda del beg, la quale sorgeva isolata in mezzo alla sterminata pianura.

— Pare che le Aquile l’abbiano rispettata, — disse, volgendosi verso il nuker che gli cavalcava a fianco. — Avrebbero po-