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Attraverso la steppa. 45

ansiosamente l’orizzonte. Una estrema ansietà si era impadronita di entrambi e sul loro viso si leggeva una collera intensa.

— Talmà, vengo! — ripeteva Hossein. — Resisti, ancora pochi minuti. L’uomo che ami sta per giungere. —

Poi a un tratto esclamò:

— Ecco la casa della mia bella fanciulla! I banditi l’assalgano. —

Lampi brillavano fra le erbe e altri lampi balenavano al di sopra d’una massiccia costruzione giganteggiante nelle tenebre.

— Padrone — disse Tabriz, — giriamo dietro la casa. Le Aquile attaccano di fronte e non vedo brillare alcun lampo dalla parte della cinta.

— Sia pure, quantunque abbia un desiderio intenso di piombare su quelle canaglie e di sciabolarle.

— È meglio essere prudenti, signore. Sono in troppi e non si sa mai dove vada a finire una palla di pistola o di moschetto.

— Gira al largo, dunque. Ci prenderemo più tardi la nostra rivincita. —

Invece di dirigersi direttamente verso la casa, vi passarono dietro, senza che le Aquile della steppa, troppo affaccendate a dare l’attacco, si fossero accorte del loro arrivo.


CAPITOLO VI.


Talmà la bella.


Mentre i turcomanni, popolo assolutamente nomade, vive sotto le tende, il sarto che forma una tribù a parte, quantunque abiti pure la grande steppa che si svolge fra il mar Caspio e l’Aral, vive in massicce costruzioni, che fino ad un certo punto possono chiamarsi case.

Non essendovi foreste nel Turckestan, perchè nel corso dei secoli sono scomparse, avendo gli abitanti abbattuti gli alberi senza sostituirli con altri, il sarto non può avere legname, sicchè ricorre alla terra che è di natura argillosa.

Ne cava una quantità sufficiente per edificare la sua casa, forma mattoni che lascia poi seccare al sole, non potendo in nessun modo cuocerli, sempre per la mancanza dell’occorrente combustibile.