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L’assedio. 245

pescatori!... Non morrò contento se non gli mangerò il cervello per lo meno. —

Due dozzine di usbeki erano comparsi a breve distanza dalla casupola, armati non solo di pistole e di armi bianche, bensì anche di moschettoni.

Li guidava un uomo piuttosto attempato, d’aspetto imponente, che portava sul capo il turbante verde, il distintivo degli uomini che hanno compiuto il pellegrinaggio alla Mecca e che perciò hanno il diritto di essere considerati come una specie di santoni.

— Chi sarà quel brutto muso? — si chiese Tabriz, che lo spiava attraverso il vano lasciato fra la sommità della tavola e la volta della porta. — Non sarà il tuo turbante verde che ti salverà dalle palle della pistola di questo imbecille.

Padrone, sei pronto? Qui si tratta di difendere la pelle e la nostra libertà.

— Li aspetto, — rispose semplicemente Hossein, che si era inginocchiato dietro alla tavola.

Cerchiamo di dare una buona lezione a questi furfanti. —


CAPITOLO X.


L’assedio.


Gli usbeki che, dal primo ricevimento avuto, avevano compreso di aver da fare con due, pronti a qualunque sbaraglio e ben decisi a difendere la loro vita, giunti a cinquanta passi dalla catapecchia, si erano fermati per consigliarsi sul miglior mezzo di marciare all’attacco.

Temendo di ricevere qualche scarica, si erano stesi al suolo, dietro una macchia di cespugli, forse coll’intenzione di aprire il fuoco, tenendosi dietro quel riparo che, se non li copriva dalle palle, per lo meno li nascondeva.

— Uhm! — disse Tabriz, che li spiava. — Non mi sembrano molto coraggiosi i soldati dell’Emiro.

Con due dozzine d’uomini, a quest’ora avrei dato l’assalto anche al ridotto.

— La partita non è ancora cominciata, — rispose Hossein, che non condivideva l’ottimismo del gigante. — Tu hai dimen-