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Fra l’acqua e il petrolio. 239

I pescatori non sembravano però impressionati, ora che si trovavano a terra. Quel fenomeno, in apparenza terribile, non doveva essere nuovo per loro e dovevano anche conoscerne la portata.

Stesi fra le erbe, al disotto delle piante che li proteggevano dal calore e dal fumo, guardavano tranquillamente quelle immense fiammate, che la corrente travolgeva verso lo sbocco del lago.

Avevano ragione di non preoccuparsi troppo, poichè, dopo tre o quattro ore, le fiamme cominciarono a decrescere, la luce divenne meno intensa e finalmente, esauritasi la nafta, le tenebre tornarono a piombare sul laghetto.

— Non credevo che tutto finisse così bene, — disse Tabriz a Hossein. — Avevo paura di morire arrostito come un cagnolino. Il giovane rispose con un lievo sorriso.

— Padrone, — proseguì, il gigante, — non ti ho mai veduto così preoccupato come ora, eppure non siamo che a poche centinaia di passi dalla nostra steppa.

— Taci, Tabriz, — rispose Hossein.

— È proprio vero che non si è mai contenti in questo mondo, — brontolò il turchestano.

Quantunque non vi fosse più alcun pericolo, i pescatori attesero l’alba prima di lanciare nuovamente in acqua le loro scialuppe.

Si erano appena imbarcati che già i cormorani avevano ripresi i loro posti. Quei ghiottoni non avevano probabilmente dimenticati gl’intestini dei pesci, presi durante la sera e che per diritto spettavano a loro.

Le sei scialuppe attraversarono il laghetto, le cui acque erano tornate fresche, imboccarono il canale meridionale e dopo qualche chilometro si arrestarono dinanzi ad un villaggio composto d’un centinaio di casupole e che era difeso da una specie di ridotto, armato d’una mezza dozzina di falconetti e sormontato da una bandiera verde, il vessillo dell’Emiro di Bukara.

Scoprendola, Tabriz e Hossein si erano guardati l’un l’altro con apprensione.

Loutis, — disse il primo, rivolgendosi a Karaval con aria minacciosa, — dove ci hai condotti tu?

— In un villaggio di pescatori, signore.

— E quella bandiera?

— Questi sono sudditi dell’Emiro, signore, però sono certissimo