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Nella steppa della fame. | 221 |
— Non saranno già elefanti, — disse Tabriz. — La steppa non ne ha mai avuti.
— Scommetterei che sono onagri.
— Asini selvaggi? — chiese Hossein.
— Sì, mio signore. Talvolta si mostrano anche nella steppa della fame e sono sempre in gran numero.
Guardiamoci da loro. Quando si mettono in corsa non si arrestano nemmeno dinanzi ad un cannone, e so io se i loro calci sono potenti.
Un giorno ne ho ricevuto uno che per poco non mi uccise.
Se vi caricano gettatevi dietro le dune e lasciateli passare senza far fuoco.
— Eppure, mangerei volentieri un arrosto d’asino, — disse Tabriz. — La carne di quegli animali è apprezzata perfino dagli Emiri.
— E anche dallo scià di Persia, — aggiunse Hossein. — Si dice che tutti i giorni ne abbia a tavola.
— L’assaggerete un’altra volta, — concluse Karaval.
Le cortine di sabbia continuavano ad alzarsi, cambiando sovente e molto bruscamente direzione. Pareva che gli onagri si divertissero a galoppare ora in un senso ed ora in un altro, senza alcuna meta fissa.
È quella d’altronde la loro abitudine. Instancabili trottatori, passano le loro giornate a gareggiare fra di loro, non fermandosi che qualche minuto per mangiare qualche po’ di gramigna, essendo d’una sobrietà estrema.
— Che quegli asini si divertano a spaventarci? — chiese Tabriz, fermandosi. — Non vedi tu che si ostinano a sbarrarci la via?
— Me ne sono accorto da un po’, — rispose Karaval, che si mostrava inquieto.
— Allora è segno che ci hanno veduto.
— Certo, signore.
— Che cosa facciamo dunque? — chiese Hossein.
Il bandito stava per rispondere, quando fra le cortine di sabbia apparvero numerosi drappelli di onagri, galoppanti sfrenatamente.
Per statura rassomigliavano agli asini comuni; però le loro forme sono più snelle, i loro orecchi un po’ più corti ed il loro pelame grigiastro, attraversato sulla schiena da una riga nera che s’incrocia con altre due all’altezza della spalla.