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184 | Capitolo terzo. |
poteva, come fanno i marinai per conoscere la direzione del vento.
— Purchè non cambi, — disse ad un certo momento a Hossein, che si era sdraiato al suo fianco, immerso nelle sue tristezze.
— Chi? — domandò il giovane.
— La brezza, — rispose il gigante. — È la tramontana che provoca la burana.
— Deboli speranze.
— Eh no!... Signore!... Guarda lassù, guarda bene!... È il cielo che si oscura.
— Una nube che passa.
— No, signore, sono le cortine di sabbia che diventano più fitte. Soffia vento forte verso la frontiera settentrionale. Iskandù e Karakie devono aver ormai le vie coperte di polvere e nella steppa di Karnak Tschul, se vi sono delle carovane, non devono trovarsi bene.
Anche i soldati dell’Emiro se ne sono accorti: li vedi? —
Infatti una certa agitazione si era improvvisamente manifestata fra i bukari e gli usbeki.
Erano usciti tutti dalle loro tende ed interrogavano ansiosamente, cogli occhi dilatati, l’orizzonte che a poco a poco andava oscurandosi, quantunque il cielo fosse sgombro da qualsiasi nube.
— Burana!... Burana!... — si udivano a mormorare con inquietudine.
Levarono prestamente le tende e diedero il segnale della partenza.
— Perchè non vi fermate qui, stupidi? — chiese Tabriz ad uno degli usbeki che gli passava accanto. — Qui siamo al riparo degli alberi.
— Più avanti saremo al riparo delle colline, — rispose il cavaliere.
— Presto, camminate più rapidamente che potete, se volete salvare la vita, non avendo noi tende bastanti per ripararvi tutti. —
La colonna si era messa nuovamente in marcia, quasi correndo. I bukari e gli usbeki, che cavalcavano sui fianchi, incitavano i prigionieri a raddoppiare il passo, sagrando e facendo scoppiettare, le loro fruste con gesti minacciosi.
— Avanti!... Avanti!... — gridavano tutti.