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Le spie d’Abei. 175

— Dunque dicevi?

— Che noi li seguiremo e che se l’Emiro li risparmia, i nostri kangiarri ripareranno l’errore.

— Con quel demonio di Tabriz!....

— Un buon colpo a tradimento e anche lui cadrà.

— Sei spiccio, tu.

— Mi premono i tomani di Abei.

— E non verremo sospettati, noi?

— Chi potrà avere dei sospetti su due poveri loutis1 che cercano di guadagnare qualche cosa? Eppoi siamo abbastanza trasformati perchè Tabriz e Hossein possano riconoscerci. Non hanno di certo mai fatto attenzione a noi: erano troppo occupati durante il matrimonio e anche durante il banchetto.

Padrone! Un’altra tazza. Abbiamo fatto una buona giornata ieri. —

Questa conversazione aveva luogo in uno dei tanti kabne-kahnè di Kitab, ossia in un piccolo caffè, dove ordinariamente si radunavano gli sfaccendati per sorseggiare una tazza di eccellente caffè, giuocare agli scacchi e alla dama, ed ascoltare le storielle dei mestvires ed a fumare del buon tumvak, profumato dall’acqua di rose contenuta nei nargul....

Eran due tipi di veri bricconi, quei due uomini che si facevano credere due mostratori di scimmie, per nascondere il loro vero essere.

Uno aveva poco più di vent’anni, l’altro invece quasi il doppio, con un brutto ceffo quasi interamente coperto da una barba rossiccia e ispida, che gli nascondeva però male una terribile cicatrice, la quale gli attraversava tutto il volto, passandogli fra il naso e le labbra.

Entrambi indossavano lunghe zimarre mezze sdruscite, portavano sul capo alti cappelli villosi, rassomiglianti a quelli che usano i persiani, e tenevano in mano fruste dal manico corto.

Vuotata la seconda tazza di caffè, che era stata loro portata, Karawal, lo sfregiato, aveva subito ripreso a voce bassa, urtando col piede Dinar:

— Hai capito quale è il mio piano?

— Sì e no.

  1. Mostratori di scimmie