Pagina:Le aquile della steppa.djvu/176

170 Capitolo secondo.

essendomi mai interessato nè degli affari di Djura-Beg, nè di quelli dell’Emiro.

Io fuggiva colla mia scorta onde dare battaglia ad una banda di Aquile, che mi avevano rapita la fidanzata.

— Là!.... Là! — fece il maggiore, con un sorriso beffardo.

— Non sono un ragazzo io per bere simili istorie.

Una vampa d’ira salì in viso al fiero nipote del beg, mentre Tabriz faceva come una mossa per slanciarsi sui due uomini e fulminarli con due tremendi pugni.

— Io non ho mai mentito, maggiore, — gridò Hossein. — Non sono un bandito, nè un predone della steppa io!.... Mio padre era un principe!

— Io dico che tu sei venuto qui con un’altra missione e ne ho le prove, — disse il russo.

— Quale missione?

— Di attentare alla vita dell’Emiro di Bukara e anche a quella del maggiore generale Abramow, comandante in capo della spedizione.

— Coloro che vi hanno detto codeste cose, hanno mentito! — gridò Hossein con indignazione.

— E le lettere che ti abbiamo trovate indosso?

— Quali lettere?

— Ah l’infame! — ruggì Tabriz. — L’avevo sospettato!....

— Ah!.... Vedi! — esclamò il maggiore, sogghignando. — Il tuo servo si è tradito e ti ha involontariamente perduto.

— Che cosa volete dire, maggiore? — chiese Hossein smarrito.

— Che quando il capitano medico ti fece spogliare, trovò nascoste nella tua fascia due lettere, le quali ti davano le istruzioni necessarie per compiere il doppio colpo.

— È impossibile.

— Non credi?

— No, è impossibile.

— Ebbene, guarda, — disse il maggiore aprendosi la giubba e levandosi da una tasca interna due fogli. — Riconosci questa calligrafia? —

Hossein vi gettò sopra uno sguardo, poi indietreggiò vivamente, pallido come un cencio lavato, cogli occhi dilatati, mentre un grido straziante gli sfuggiva dalle labbra.

— La calligrafia di mio cugino!.... Ah!.... Il miserabile!....