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142 | Capitolo sedicesimo. |
I Sarti ed i Shagrissiabs della scorta, quantunque in gran parte scavalcati, si erano gettati dietro gli animali, rispondendo con una scarica terribile.
Abei, approfittando della confusione, aveva fatto un cenno imperioso ai banditi di Hadgi.
— Qui, presso di me... non esponetevi... un colpo supremo... o non vi darò un tomano. —
Il volto del miserabile era diventato, in quel momento, lividissimo; però i suoi occhi mandavano lampi cupi.
Si era lasciato cadere dietro al suo cavallo, armando le sue due lunghe pistole. Non guardava i russi che si erano schierati sul margine dei due burroni e che si preparavano a fucilare i cinquanta cavalieri, bensì Hossein e Tabriz che stavano sdraiati dinanzi a lui, a pochi passi di distanza, riparati dietro i loro cavalli che avevano fatto coricare.
— Amici! — gridò Hossein. — Aspettate che si mostrino!... Finchè a Kitab tuona il cannone non avremo da temere. Eccoli!... Fuoco! —
Una cinquantina e più di cosacchi erano sorti sull’orlo del burrone, avanzandosi con precauzione in mezzo alle erbe, coi moschetti puntati.
La scorta non indugiò a far fuoco, con un accordo splendido, mirando molto in basso.
Quindici o venti moscoviti, colpiti alle gambe ed al basso ventre rotolarono nel burrone che stava dietro a loro, insieme a numerosi cavalli che si erano alzati fra i cespugli.
Quella scarica disorganizzò per un momento gli assalitori, ma subito una mezza sotnia di cosacchi sorse come per incanto fra le erbe, aprendo un fuoco violentissimo, appoggiato da due falconetti mascherati dietro un piccolo rialzo.
Una dozzina di Sarti, quantunque protetti dai cavalli, stramazzarono al suolo, fulminati da una bordata di mitraglia.
— Ah!... Tabriz! — esclamò Hossein. — Siamo presi!...
— Non ci rimane che di caricare, signore, — rispose il gigante.
— A fondo?
— Di volata.
— Da’ il comando, prima che i russi ci ammazzino o ci storpino tutti i cavalli. —
Il gigante stava per alzarsi, quando due nuove scariche rim-