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Il Traditore. | 111 |
enorme platano. Hossein, temendo giustamente un improvviso attacco, trovandosi, come abbiamo detto, in un territorio frequentato dai banditi delle steppe, si era affrettato ad imitarlo.
— Che cos’hai veduto o udito dunque? — chiese il giovane impazientito, non vedendo comparire nessuno.
Un gemito che uscì dal mezzo del cespuglio fu la risposta.
— Vi è qualche ferito là dentro, — disse finalmente Tabriz. — Hai udito, signore?
— Sì. —
Tabriz s’avvicinò cautamente al platano e colla canna dell’archibugio mosse le fronde dei cespugli, dicendo:
— Mostra il tuo viso, amico; noi non siamo briganti. —
I rami subito si mossero ed un uomo piuttosto attempato, quasi interamente nudo, non avendo indosso che una camicia brandellata, comparve.
— Risparmiate la vita ad un povero uomo, — disse. — Allah ha proibito di uccidersi fra correligionari.
— Chi sei? — Chiese il gigante, abbassando il fucile.
— Un usbeko di Kitab.
— Che cosa fai costì così nudo?
— Sono stato assalito da una banda di briganti, derubato dei miei montoni che aveva qui condotti a pascolare, bastonato e per sopra mercato anche spogliato delle mie vesti.
— Quando?
— Ieri sera.
— Erano Aquile della steppa?
— Può darsi.
— Avevano una fanciulla con loro?
— Non l’ho veduta.
— Quanti erano quei briganti?
— Una ventina.
— Non ve n’erano altri nel bosco?
— Sì, mi pare d’aver udito dei cavalli a nitrire al di là degli alberi. Signore non lasciarmi qui solo, così nudo e senz’armi. Vi sono dei lupi e delle pantere fra queste macchie. —
Tabriz interrogò Hossein collo sguardo.
— Potrà servirci da guida, — rispose il giovane.
— Sali dietro di me, — disse il gigante all’usbeko. — Vedremo di darti qualche cosa per coprirti.