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Un supplizio spaventevole. | 5 |
minacciosamente i kangiarri a rischio di ferirsi fra di loro. — Fermati, cane d’un mestvire1! La tua guzla non ti salverà! —
Il suonatore raddoppiava i suoi sforzi e precipitava la corsa, mugolando ed ansando come una bestia feroce.
Aveva il volto congestionato, gli occhi fuori dalle orbite, le sue tempie battevano febbrilmente, e dal suo largo petto uscivano veri sibili, tanta era affannosa la respirazione.
Uscito dalle strette viuzze del villaggio, si dirigeva verso l’immensa steppa, coperta di erbe altissime, forse colla speranza di trovarvi nel mezzo un nascondiglio.
Ad un tratto un urlo di gioia sfuggì agli inseguitori.
— Tabriz! Ecco Tabriz! Ah! il furbo! —
Un uomo di statura gigantesca, che montava un magnifico cavallo persiano dal pelo lucentissimo, era uscito da una via laterale ed era passato come un uragano a fianco dei corridori.
Il fuggiasco, udendo il galoppo del cavallo, mandò una bestemmia e si fermò alzando l’jatagan.
— Non mi avrete vivo! — urlò; — prima ucciderò un buon numero di voi. —
Il cavaliere gli correva addosso con velocità fulminea.
Il mestvire fece un salto di fianco, per evitare l’urto, ma il cavaliere con una strappata a destra e con una stretta delle ginocchia, fece fare al suo destriero un volteggio fulmineo, che nessun altro sarebbe stato capace di fare e lo urtò così violentemente da gettarlo a terra.
— Sei preso, mio caro! — disse il gigante.
Balzò da sella e si precipitò sul fuggiasco ancora stordito da quell’urto violentissimo, gli strappò di mano l’jatagan, poi lo alzò in aria come fosse stato un fanciullo, gridando:
— Eccolo, Giah Agha beg! È tuo, padrone! —
Il mestvire si dimenava disperatemente, digrignando i denti e tentando di colpire, coi suoi pesanti stivali ferrati, l’ercole, senza però riuscirvi.
Gl’inseguitori in un momento circondarono i due uomini, urlando a squarciagola:
— È preso! È preso! Strozzalo, Tabriz! Dàgli una buona stretta di mano! Vendica Talmà! —
- ↑ Suonatori ed insieme narratori di leggende turchestane.