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4 | Capitolo primo. |
zimarra di panno finissimo con alamari d’argento ed i suoi stivali, dalla punta assai rialzata, di marocchino rosso.
Inoltre impugnava una vera sciabola di Damasco, una di quelle famose lame che si fabbricavano anticamente in quella celebre città e che pare fossero formate con sottilissime lamine di ferro e d’acciaio sovrapposte, onde renderle flessibili fino all’elsa.
Al comando lanciato dal vecchio, tutti gli uomini che lo circondavano abbassarono i fucili e le pistole e, tratti dalle loro larghe cinture i kangiarri, quelle corte sciabole che somigliano così tanto ai jatagan dei turchi, si gettarono nuovamente a corsa furiosa, urlando:
— Addosso!
— Lesti!
— Non bisogna che ci fugga!
— Ci sono cento tomani da guadagnare! —
Un uomo, che era saltato poco prima giù da un terrazzo d’una di quelle casupole, fuggiva dinanzi a loro, facendo sforzi prodigiosi per mantenere la distanza.
Quantunque non fosse più giovane, balzava coll’agilità di un’antilope, descrivendo di quando in quando brusche curve, onde non lo si potesse prendere di mira e agitando disperatamente le braccia come per darsi maggior slancio.
Era un uomo di forme grossolane, con un collo da toro, il viso angoloso e di tinta quasi terrea, con una lunga barba nera e gli occhi piccoli, leggermente obliqui, simili a quelli che hanno i ghirghisi, quegli irrequieti ed indomabili predoni della steppa della fame, che dove pongono il piede non lasciano più nemmeno crescere un filo d’erba.
In una mano teneva un jatagan dalla lama larga e leggermente ricurva, e nell’altra una specie di chitarra col manico lunghissimo e le corde di seta, uno di quegli istrumenti che i turchestani chiamano la guzla.
L’inseguimento diventava accanitissimo. I Sarti, che all’allarme dato si erano precipitati nelle vie, erano una cinquantina, quasi tutti giovani e lesti di gambe, e gareggiavano fra di loro per guadagnarsi i cento tomani promessi dal vecchio: una somma grande per quegli uomini della steppa, che non posseggono quasi mai denaro.
— Fermati, canaglia! — gridavano tutti in coro, roteando