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ROMANE 5

di Giuturna. L’ottava poi è di granito, ed internata in un muro del prossimo vicolo Spada, che dalla detta piazza porta al vicolo de’ Pastini. Questa colonna apparteneva all’antica fontana dell’Acqua Vergine, e perciò vi si vede l’incavo per un tubo perpendicolare ch’ejaculava l’acqua.

78. Avanzo dei muri laterali del gran vestibolo del Pantheon, corrispondente agli altri avanzi inoggi tolti, e parte notati nella icnografìa di Roma del Bufalini, e parte riferiti dal Falconieri nel suo trattato della Piramide di Cajo Cestio. Esso avanzo si vede in un cortile del casamento situato sulla sinistra del medesimo Tempio incontro la fontana della piazza della Rotonda.

79. Pantheon, o sia Tempio di Giove Ultore, consistente in una magnifica Cella, ed in un maestoso Pronao, come si dimostra nella predetta Tav. XIV, alla fig. II. Egli fu fabbricato da M. Agrippa, come apparisce dalla seguente iscrizione scolpita sul fregio del medesimo Pronao, notato nella detta figura colla lettera A.

M. AGRIPPA . L. F. COS. TERTIVM . FECIT


Fu poscia ristorato dagli imperadori Settimio Severo, e Caracalla, come apparisce dalla consecutiva iscrizione che si legge nelle fasce dell’Architrave del medesimo Pronao, notato colla lettera B.

IMP. CAESAR. SEPTIMIVS . SEVERVS . PIVS . PERTINAX . ARABIC. ADIABENIC. PARTHIC. PONTIF. MAX. TRIB. POT. XI. COS. III. P. P. PROCOS. ET IMP. CAES. MARCVS . AVRELIVS . ANTONINVS . PIVS FELIX . AVG. TRIB. POT. V. COS. PROCOS. PANTHEVM . VETVSTATE . CORRVPTVM . CVM . OMNI . CVLTV . RESTITVERVNT


Questo, secondo la relazione degli antichi scrittori, era un Tempio de’ più splendidi, ed è l’unico monumento dell’antica magnificenza che sia rimaso illeso nelle sue parti principali. I di lui muri sono di una portentosa grossezza, fabbricati di opera incerta e fermati ogni quattro palmi con un letto di tevoloni, resi vieppiù stabili da un’arcuata costruzione parimente di tevoloni, dimostrata nella detta figura, alla lett. C, ed investiti nell’esterno di tevolozza triangolare. Il Pronao poi ha sedici gravi colonne di granito orientale di smisurata grossezza. Era anticamente coperto con travi e tegole di bronzo, le quali furon tolte al tempo di Urbano VIII, e fatte rifondere per formarne la Confessione de’ SS. Apostoli Pietro e Paolo nella Basilica Vaticana, sendo stato supplito in di loro vece con travi di legno, e con tegole laterizie. Nel timpano del di lui frontespizio segnato colla lettera D sono quantità di buchi, ne’ quali s’internavano de’ perni impiombati per sostegno d’un bassorilievo parimente di bronzo. Le pareti interne ed esterne, dello stesso Pronao sono investite fra un pilastro e l’altro di lastre marmoree con più ordini di fregj, ne’ quali sono eccellentemente scolpiti de’ fulmini, delle patere, de’ candelabri, degli elmi, ed altri simboli che alludevano alle Deità di Giove e di Marte, e delle stesse lastre erano parimente investiti i due nicchioni laterali al grande ingresso del Tempio, dimostrati nella Tav. XV di questo Tomo, alla fig. I, colla lett. E, in uno de’ quali era la Statua d’Augusto, e nell’altro quella d’Agrippa. Il di lui antico pavimento inoggi mancante copriva parte degli orli delle basi delle predette colonne, apparendo tuttavia in alcune di esse basi il segno dell’internamento degli stessi orli, nella guisa appunto che s’internano le basi delle colonne del Tempio; cosicché il pavimento moderno rimane alquanto più basso, ed è costruito parte con alcune lastre residuali dell’antico, e parte con opera laterizia. L’ingresso poi del Tempio, in vece de’ perni conficcati nel muro che inoggi ne sostengono le porte di bronzo, avea sugli angoli interiori dell’uno e l’altro stipite, ora rimaso rozzo, una grossa lamina similmente di bronzo stesa dalla cima al fondo, alla quale erano raccomandati i medesimi perni. Si entra quindi nel Tempio, il di cui piano è alquanto più basso di quello del Pronao: costume usato dagli Antichi per renderne l’entrata grave e maestosa. Veggendosi i muri investiti di marmi con tabernacoli e con tribune frammezzate da architravi sostenuti da colonne di giallo antico striate, gli orli delle di cui basi s’internano come abbiam detto poc’anzi, nel pavimento, che da alcuni scioccamente si crede perciò rialzato, non considerando esser quésto stato un costume di que’ tempi per dar gravità alle colonne. Ha la volta convessa con compartimenti, i quali erano investiti da lamine d’argento secondo le antiche tradizioni. La veduta interna dello stesso tempio si dimostra nella detta Tavola, alla fig. II, ove si nota l’internamento degli orli delle basi delle colonne colla lett. F. Gli scrittori moderni prendono alcuni motivi di ridurre in quistione chi sia stato il fondatore di questo Tempio. Il primo motivo si è la di lui sconnessione col Pronao, il quale sembra perciò costruito in tempi posteriori: il secondo si è la loro debole osservanza sull’architettura del Tempio, ch’essi giudicano inferiore a quella del Pronao: ed il terzo si è un passo di Dione, nel lib. 53 della Storia Romana, ove si dice: Ἀγρίππας; ecc. τότε Πάνθειον ecc. εξετέλεσε: pretendendo eglino, che la parola εξετέλεσε altro non significhi che perfezionò; Laonde deducono, che Agrippa sia stato, non fondatore, ma soltanto perfezionatore del Tempio colla giunta del Pronao; e pretendono con questi mal fondati sofismi di dar la mentita alla surriferita iscrizione che si legge sul fregio dello stesso Pronao: M. Agrippa L. F. Cos. tertium FECIT: e all’assertiva egualmente precisa di Plinio nel 15 del 36: Pantheon Jovi Ultori ab Agrippa FACTUM. Io però rispondendo a questi loro sofismi, dico in quanto al primo, che la sconnessione del Pronao dalla Cella, dandoci indizio della loro costruzione in diversi tempi, non conclude la diversità del Fondatore dell’uno e dell’altra, imperciocché può darsi che Agrippa facesse la Cella senza il proposito di adornarla col Pronao, e che terminatala gli venisse in inente di aggiugnervelo. In quanto al secondo sull’architettura della Cella e del Pronao, qualunque intendente architetto vedendo le stesse modinature nell’uno e nell’altra, e in conseguenza riconoscendone la medesima eccellenza, fa poco conto del giudizio di diversità che vi fa l’imperizia di tali scrittori. In quanto al terzo sul riferito passo di Dione, la parola εξετέλεσε, la quale fa tutto il forte del loro argomento, nel più stretto significato vuoi dire finì, onde non inferisce che Agrippa non avesse potuto fare il Pantheon, essendone stato terminatore. La causa poi non ricercata dagli stessi scrittori, per la quale Dione non abbia detto fece ma finì, deriva dalle di lui antecedenti parole: Ἀγρίππας δὲ ἕν τούτω τὸ ἄςυ τοῖς ἰδίοις τέλεσιν ἐπεκόσμησε: Agrippa nel medesimo tempo adornò la città a sue spese: sotto la disposizione delle quali venendo le altre: τότε Πάνθειον ἐξετέλεσε: e finì il Pantheon: non polca questo storico dir fece, perché non era vero che Agrippa avesse fiuto il Pantheon nel tempo determinato colle precedenti parole, cioè l’anno 727 di Roma essendo egli Consolo la terza volta. Ed in fatti il dir poscia Dione: Ηβουληθη μὲν οὖν ὁ Ἀγρίππας καὶ τὸν Αῦγουστο ενταῦθα ίδρύσαι τὴν τε τοῦ έργου έπίκλησιν αύτω δουναι μή δεξαμενου δὲ αύτου μηδέτερον, ἐκεῖ μὲν τοῦ προτέρου Καίσαρος ἐν δὲ τῷ προνάω τοῦ τε Αὑγούστου καὶ ἑαυτοῦ ἀνδράντας ἔστησε: Volle poi Agrippa riporre ivi (nel Pantheon) la statua d’Augusto, e a lui scrivere il nome d’aver fatta quell’opera ma non accettando (Augusto) nè l’una nè l’altra di queste cose ( Agrippa) pose nel Tempio la statua del primo Cesare, e collocò poi nel Pronao quella d’Augusto e la propria; che altro ci dichiara se non che Agrippa volea riferir la propria gloria di aver fatto questo tempio ad Augusto? e ch’egli col veder riporvi la statua di questo principe usava nello stesso tempio di un dispotismo che non gli sarebbe stato perdonabile qualora egli non ne fosse stato il Fondatore.

80. Avanzi di muri appartenenti a Sisto dello stesso Agrippa, i quali sono aderenti alla parte deretana del detto tempio, e ridotti ad uso del forno, e di altre moderne fabbriche parimente aderenti allo stesso tempio.

81. Altri avanzi del detto Sisto, nell’odierno vicino palazzo dell’Accademia Ecclesiastica.

82. Avanzi delle Terme del medesimo Agrippa, chiamati ora l’Arco della Ciambella.

83. Uno de’ capitelli delle colonne che appartenevano alla cella del Tempio di Minerva fabbricato da Pompeo Magno, questo rimane nella bottega del Facocchio dietro la Cappella della Nunziata della Chiesa di S. Maria; perciò detta sopra Minerva.

84. Avanzi delle Terme di Nerone nel cortile del Palazzo Madama, le quali si univano con altre fabbriche del Campo di Agrippa. Questi avanzi si vanno attualmente disfacendo per ampliare i comodi di detto palazzo ultimamente comperato per gli uffizj della Dateria Pontificia.

85 e 86. Linee tirate a seconda delle case le quali circondano l’odierna piazza Navona, e che son piantate su i fondamenti de’ Sedili dell’antico Circo Agonale.

87. Piccolo avanzo di muro appartenente alle fabbriche che circondavano l’area di Marte. Questo rimane nel vicolo detto de’ Granari.

88. Avanzo di una delle pile del Ponte Trionfile, composta di grossi travertini, peperini, e di opera incerta. Questo si vede alla ripa del Tevere, molto scoperto ne’ tempi estivi, e si dimostra nella Tav. XIII del Tomo IV.

89. Ponte Elio Adriano, inoggi detto di S. Angiolo.

90. Avanzo del gran tumulo del Mausoleo di Adriano, in oggi detto il Maschio di Castel S. Angiolo. Sì di questo, che del predetto ponte si fanno specifiche dimostrazioni nel Tomo IV della Tav. IV sino alla XII.

91. Avanzi nel Tevere di alcuni muri fabbricati ne’ tempi bassi. Dai moderni scrittori si suppongono spettare al Ponte Trionfale; ma, oltre il vedersi un’avanzo incontrastabile di questo ponte nel luogo riferito al precedente num. 88, sendo stati da me più volte esaminati, e tentata la loro disposizione nel profondo dell’alveo del fiume, non mi hanno somministrato il minimo indizio di ponte, mentre consistono in una spezie di meta rotonda, ed in un rimasuglio di abitazione che in nessun conto poteano formare le pile di un ponte. Questi avanzi inoggi servono a disporre la corrente del Tevere all’uso degli odierni mollili situati sulle barche.

92. Avanzi di alcuni cunei della circonferenza inferiore del Teatro di Pompeo, da me dimostrati nel Tomo IV alla Tav. XXXVIII, e corrispondenti alla pianta del medesimo teatro, la quale rimane nel frammento dell’antica Icnografia di Roma contrassegnato intorno alla presente Topografia col num. 22. Questi sono di opera reticolata, e rimangono nell’odierno palazzo del duca Grillo a Campo di Fiori, nella bottega del Fornajo alla contrada detta del Paradiso, dell’Oste, e del Cordaruolo ivi vicini, ed in altre botteghe intermedie, prendendo un giro sferico sulla destra fra il detto palazzo, e la piazza de’ Satiri.

93. Ponte Sisto fabbricato dal pontefice Sisto IV sulle ruine dell’antico Janiculense.

94. Avanzo dell’interno del Tempio d’Apollo, già aderente al Circo Flaminio. Egli consiste in una porzione di parte sferica, nella quale sono alcune colonne ioniche di mezzo rilievo, che sendo già state consumate dall’incendio, furono dagli antichi rivestite di stucco di ottima maniera. Questo avanzo si vede in un cortiletto de’PP. Somaschi di S. Niccolò a’ Cesarmi.

95. Avanzo del Portico di Filippo, il quale rimane sulla sinistra della facciata della chiesa di S. Maria in Cacaberis. I moderni scrittori lo suppongono per il Portico di Gneo Ottavio, ma nel rapportarci un passo di Plinio, ove si nota che il Portico di Ottavio corinthia sit appellata a capitulis areis columnarum, smentiscono la loro supposizione, perchè le colonne che inoggi rimangono del Portico in questione, hanno i capitelli dorici di travertino, come dimostro nel Tomo IV alla Tav. XLVI. Che poi un tal Portico sia di Filippo lo dimostrerò nella grande Icnografia di Roma antica che son per dare alla luce.

96. Avanzo, o sia uno de’ cunei del Teatro di Balbo, nella bottega dell’oste situata sotto il palazzo Cenci sulla strada vicina alla porta del Ghetto alla Regola, e precisamente incontro al molino del Tevere. Il monte su di cui è situato lo stesso palazzo, è stato formato dalle rovine del medesimo teatro. Si osservi, che la strada stessa della Regola sembra accennare la circonferenza del di lui andamento, comeppure si vedono in quelle circonvicine botteghe molti pezzi di colonne, capitelli, ed altri ornamenti, i quali doveano appartenere al mentovato teatro.

97. Avanzi del Tempio della Pfetà fabbricato sopra il carcere di Claudio. Questi consistono in alcune colonne di peperino, le quali dimostrano d’essere state investite di stucco, e rimangano in oggi internate ne’ muri della Chiesa di S. Niccolò in Carcere.

98. Ripa del Tevere di peperino, la quale investe la pila di uno degli archi del Ponte Fabrizio. Questa fu fabbricata da Augusto contemporaneamente al Teatro di Marcello, e in conseguenza posteriormente alla costruzione del ponte, come si nota nel Tomo IV alla Tavola XX.

99. Avanzi del predetto teatro, detto inoggi il Monte Savelli, su de’ quali è situato il Palazzo Orsini. Egli era composto nell’esterno di quattro ordini. I due superiori sono del tutto rovinati. Parte de’ due inferiori che formano i portici d’intorno al teatro, tuttavia esistono, e si vedono fabbricati di grossi travertini. I cunei del