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del due e del trecento. Ceduta da noi codesta copia alla Regia Commissione dei Testi di Lingua per la non lieve somma che era costata la trascrizione delle quasi duecento carte ond’è il codice composto, volle il benemerito Presidente di quella, che a noi restasse affidata la cura di prepararne la stampa; al che volentieri ci sobbarcammo, chiedendo soltanto che, nè noi nè altri potendo via via raffrontare le stampe col testo, un esperto conoscitore di antiche scritture, a maggior nostra guarentigia, facesse previa e diligente collazione di tutta la copia coll’originale. Dopo di che ci mettemmo all’opera, con quella maggior alacrità che le occupazioni nostre e la natura del lavoro ci concedevano.
Ma, appena gettato l’occhio qua e là sul testo, di subito potemmo notare, che se il manoscritto vaticano può a buon dritto nomarsi il più ricco fra quanti ci tramandarono antiche rime volgari, non potrebbe però esser vantato pel più corretto: sicchè sarebbe apparsa fatica e spesa gettata via il riprodurlo senza provvedere in qualche modo a tale mancanza. Vedevamo pur anche che il meglio sarebbe stato condurne la pubblicazione secondo quel metodo, col quale la scienza odierna vuol che siano trattati, non che i testi greci o latini od orientali, ma quelli pure dei primordi delle nuove letterature. Se non che, a voler porre in opera