tanto più che gli esempj recenti e più famosi erano di quei Trovatori che usarono la rima cara e il cantar di maestria. Nè la ricercata oscurità e l’affettato avviluppamento dello stile, proprj ai nostri antichi, potrebbero pur concepirsi senza riferirne le cagioni a quelli che ad essi furono maestri e duci, e pei quali la volgar poesia, appena nata, porta già nei falsi vezzi e nello studio delle mal superate difficoltà, i segni di una precoce cascaggine senile. L’impulso stesso del poetare venuto dall’alto per signorile perfezione di costume, e il luogo ove ebbe origine la novella usanza, che fu la Corte, fecer sì che il primo tentativo di rima volgare fosse in Italia un composto assai strano, punto spontaneo anzi molto artificioso, di metafisica cavalleresca e di sottile ed ardua dizione. Ond’è che le Rime antiche, quand’anche potesse avverarsene la lezione genuina, resterebbero tuttavia, come già sono, in molti luoghi oscure e quasi indecifrabili, non possedendo più noi moderni quel segreto che le faceva intelligibili ai fedeli d’amore, iniziati dallo studio e dall’uso a codesta particolar forma di sentimenti e di stile. Perciò laddove Gabriele Rossetti volle vedere un gergo settario di politico significato, null’altro sta nascosto, a parer nostro, se non un gergo meramente letterario. Nè, collo studio