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altre cappelle della città; e se l’atto, con cui il vescovo Guala, come vedemmo, accorda quella domanda, non contiene nulla, segno è che si sapeva per secolare consuetudine che i nuovi oneri sarebbero stati sopportati da quei Vicini. Se una volta entrale le Vicinie nell’organismo del Comune, questo, sia per rispondere meglio ai bisogni loro ed alle nuove attribuzioni loro affidate, sia anche per un riguardo alla crescente popolazione, sia anche per creare una più equa ed armonica ripartizione delle forze loro, si trovò obbligato a rimutarne in alcune parti i confini, giova tuttavia ripetere, che insieme ebbe cura nello Statuto del 1263 di avvertire, che con ciò non intendevasi sollevare alcun pregiudizio alicui persone in aliquo iure sepulturarum, vel baptismi, vel alio iure spirituali quod haberent in aliqua ecclesia1; il che lascia abbastanza intravedere, per così esprimermi, che la Vicinia ecclesiastica aveva preceduto la civile, e che il Comune co’ suoi rimaneggiamenti non intendeva recare offesa a quegli oneri o diritti, che nei rapporti religiosi erano sanciti da una consuetudine di gran lunga anteriore. E sebbene più in là non accenni la nostra legislazione, nullameno possiamo ancora cogliere un punto, nel quale parmi si raffermino pienamente queste induzioni.
Ho già avvertito ripetute volte, che le due Vicinie di S. Grata e di Canale prima del 1263 doveano formarne una sola. La separazione fu fatta in modo, che la chiesa di S. Grata dovea trovarsi topograficamente inclusa entro i confini della Vicinia a
- ↑ Stat. 1331, 2 § 36.