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Questi rapporti del resto ci dimostrano una condizione di cose esattamente conforme a quella, che ci è ricordata dallo Statuto rurale di Vertova del 1256, dove nel brano di giuramento dei Consoli è detto: item iuro — quod bene et bona fide manutenebo ecclesiam s. Marie de Vertoa et campanilum et campanas et porticum ipsius ecclesie de omnibus illis rebus que fuerint utilia et necessaria ipsi ecclesie et campanilo et campanis et porticu1; e questa dev’essere stata condizione quasi generale a quell’epoca, quando le sole antiche chiese pievane e la sola Cattedrale raccoglievano le decime, una parte dell’introito delle quali doveva essere impiegata al mantenimento del tempio e degli arredi destinati agli usi liturgici, mentre l’altre chiese sorte per ispontaneo impulso dei vicini, sia della città, sia del contado, imponevano agli stessi anche l’obbligo di tenerle riattate e provvedute di un decoroso e sufficiente corredo pel culto.
Piuttosto si potrebbe chiedere, se la sola Vicinia di S. Pancrazio si trovasse fra noi in queste condizioni. Il fatto, che le più certe fra le antiche Vicinie hanno nome solo da una chiesa, è già un argomento sufficiente per accomunare a tutte quello, che sfortunatamente non abbiamo che per una sola, e la genesi stessa della Vicinia, la quale, come dissi, dovè precedere il Comune, basterebbe a renderci alieni dall’ammettere, che su questo punto esistessero delle notevoli eccezioni. Furono i Vicini di S. Giacomo della Porta, come già avvertii più volte, e non altri, quelli che chiesero che la loro fosse parificata alle