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vece un abisso con separi per avventura l’una dall’altra istituzione, poichè in qualunque caso tutto ciò dev’essere indubitatamente avvenuto innanzi ai primi albori della splendida giornata in cui brillarono i nostri Comuni; ma sibbene trattasi di conoscere quando il Comune abbia approfittato di queste antecedenti divisioni per farne la base della sua amministrazione cittadina.

A dire il vero non possiamo trarre che una luce troppo indeterminata da quella notizia lasciataci da Ottone Morena, che, dopo la resa di Crema, affine di porre un freno alla baldanza soldatesca, «Theutonici et Longobardi castrum introeuntes, prout, quisque fortior erat, unus solustantum unam Viciniam occupabat1;» piuttosto è più interessante l’altra riferitaci da Sire Raul, cioè, che quando Milano si trovò assediata da Federico e l’approvvigionamento della città richiese la somma cura di coloro, che la reggevano in sì duri frangenti, furono eletti «de unaquaque parochia civitatis duo homines et de eisdem tres de unaquaque porta2.» Che se si aggiunga, che nella resa di quella città novantaquattro furono gli stendardi deposti dalla fanteria alla presenza dell’imperatore3, veniamo a comprendere che già prima del 1162 l’esercito aveva la sua base non solo nella divisione dei quartieri cittadini, ma anche in quella dei Vicinati; che i provvedimenti del Comune erano mandati ad effetto col mezzo appunto dei Vicinati in quanto queste piccole aggregazioni, che unite formavano il corpo della città, potevano

  1. Pertz Mon. Germ. XVIII, 619.
  2. Murat. SS. VI, 1186.
  3. Cont. Acerbi Mor. in Pertz XVIII, 636.