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addossati alle Vicinie non dipendevano tanto da quello che la Legislazione generale del Comune ad esse imponeva, quanto dall’uso che si faceva della massima completamente addottata, che esse fossero o dovessero essere congegni, non solo utili, ma necessari al buon andamento dell’azienda comunale entro la cerchia della città e del suo suburbio; quegli oneri erano il portato di una arbitraria e assurda applicazione dell’ottimo principio, fatto rivivere dalla splendida era dei Comuni, che Io Stato può e deve ottenere dai cittadini quali e quanti sacrifici il bisogno richieda, onde non v’era alcun limite nelle esigenze, alcun determinato confine tra diritti e doveri. Nullanneno vedemmo già un miglioramento rispetto alla manutenzione delle vie, in quanto che nell’ultimo Statuto, in quello del 1493, non solo si abolì il concorso delle Vicinie per quelle che si trovavano fuori delle mura della città e dei borghi, ma venne anche ristretto ai semplici selciati. Inoltre esse non furono più condannate per delitto commesso da un forestiero da un militare entro i loro confini1; che anzi, rispetto alla Vicinanza di Arena, ove si trovava la Cittadella, preventivamente era stato stabilito: salvo quod dieta Vicinia de Arena non teneatur pro aliquibus delictis que comitti contigerit in dicta Citadella2, e lo stesso era dichiarato per la Vicinanza di S. Eufemia ove era la Rocca3. Inoltre furono dichiarate esenti da ogni tassa le denuncie o notifiche fatte dai Consoli delle Vicinie4; poi, perchè nelle contestazioni,

  1. Stat. 1453, 9 § 203; Stat. 1493, 9 c. 28 p. 209.
  2. Stat. 1453, 7 § 8; Stat. 1493, 12 c. 2 p. 421.
  3. Stat. 1493, 10 c. 10 p. 433.
  4. Stat. cit., 9 c. 237 p. 360.