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indurre, che mentre prima il commercio del sale fra noi era libero, e da Cremona era tratto dagli homines de Pergamo, ora la convenzione fa stretta perchè, fattone di esso un cespite di rendita comunale, la Società, alla quale era stata appaltata fra noi quella gabella, volle assicurarsi le migliori e più sicure condizioni entrando nei più diretti rapporti colla Società, che già esisteva a Cremona, non essendo forse possibile, per le gelosie cittadine, che ferveano in quel tempo, e delle quali, come vedemmo, ce ne diede un esempio Parma, avere il sale da Venezia se non col mezzo di una delle città situate sul Po1.

La tassa del sale era ripartita tra le famiglie forse in una ragione composta dei loro averi e dei membri che le componevano; esse quindi nei termini stabiliti durante l’anno doveano prelevare la prefinita quantità di sale al prezzo determinato di volta in volta nel contratto d’appalto di questa gabella2. Ma egli è evidente che il congegnò di questa imposizione dovea fondarsi sovra principii, che ne rendessero il più possibilmente semplice la applicazione. Come per il fodro, così anche per questa imposta i Comuni del contado e le Vicinie nella città prestarono senza dubbio la base più naturale al riparto. È bensì vero che nel contratto del 1356 troviamo indicato in termini affatto generali che ai Co-

  1. Venezia forniva a quest’epoca il sale a tutte le città del Veneto e di Lombardia; Pertile II, 1, 443 n. 30. L’averlo però direttamente da essa dipendeva da speciali convenzioni, che non sempre, come vedemmo, era possibile eseguire.
  2. Contract. dacii salis an. 1356, ms. in Bibl. nella raccolta Tir.; Celestino I, 241 seg. V. anche Rovelli Stor. di Como, III, 1,163.