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CINO DA PISTOIA

Ch’amor e gioia ugualmente in lor hanno:
Poi, per mio grave danno
S’un punto sto che fisso non li miri,
Lagriman gli occhi e ’l cor tragge sospiri.
  10Così veggio che in sè discorde tene
Questa troppo mia dolce e amara vita
Chi ’n un tempo nel ciel trovasi e ’n terra:
Ma di gran lunga in me crescon le pene,
Perchè, cherendo ad alta voce aita,
15Gli occhi altrove mirando mi fan guerra.
Or, se pietà si serra
Nel vostro cor, fate ch’ogn’or contempre
Il bel guardo che ’n ciel mi terrà sempre.
     Sempre non già; poscia che nol consente
20Natura, ch’ordinato ha che le notti
Legati sien; non già per mio riposo;
Perciò ch’allor sta lo mio cor dolente,
Nè sono all’alma i suoi pianti interrotti
Del duol c’ho per fin qui tenuto ascoso.
25Deh, se non v’è noioso
Chi v’ama, fate al men, perch’ei non mora,
Parte li miri della notte ancora.
     Non è chi imaginar non che dir pensi
L’incredibil piacer, donna, ch’io piglio
30Del lampeggiar delle due chiare stelle;
Da cui legati ed abbagliati i sensi,
Prende ’l mio cor un volontario essiglio
E vola al ciel tra l’altre anime belle:
Indi di poi lo svelle
35La luce vostra ch’ogni luce eccede,
Fuor di quella di quel che ’l tutto vede.
     Ben lo so io; che ’l sol tanto già mai
Non illustrò col suo vivo splendore
L’aer quando che più di nebbia è pieno,
40Quanto i vostri celesti e santi rai.
Vedendo avvolto in tenebre ’l mio core,
Immantenente fêr chiaro e sereno;
E dal carcer terreno
Sollevandol talor, nel dolce viso
45Gustò molti dei ben del paradiso.



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