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CINO DA PISTOIA

     E dico nel mirar vostra beltate
— Questa non è terrena creatura:
Dio la mandò dal ciel; tanto è novella! —



XV


     In sin che gli occhi miei non chiude morte,
Mai non avranno dello cor riguardo;
Ch’oggi si miser fisi ad uno sguardo,
Che ne li fur molte ferite porte:
     Ond’io ne son di già chiamato a corte5
D’Amor, che manda per messaggio un dardo;
Il qual m’accerta che, senz’esser tardo,
Di suo giudizio avrò sentenza forte;
     Però che di mia vita potestate
Dice ch’egli ha, di sì altero loco10
Che dir mercè non vi potrà pietate:
     Or piangeranno li folli occhi il gioco.
Ch’io sento per la lor gran vanitate
Appreso già dentro la mente il foco.



XVI


     Lo fin piacer di quello adorno viso
Compose ’l dardo che gli occhi lanciaro
Dentro dallo mio cor, quando giraro
Vêr me che sua biltà guardava fiso.
     Allor sentii lo spirito diviso5
Da quelle membra che se ne turbaro;
E quei sospiri che di fore andaro
Dicean piangendo che ’l core era anciso.
     Lasso!, di poi mi pianse ogni pensiero
Nella mente dogliosa, che mi mostra10
Sempre davanti lo suo gran valore:



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