Signor, i’ dico d’una bella donna
Colle più illustre membra e più verace;
Che, s’ella avessi pace,
Sotto del ciel non è simil bellezza. 25Coste’ fu sotto ’l ciel una colonna
Di cui memoria eterna ancor si face,
Che del sangue rapace
Domò nel mondo ogni più fiera altezza;
Coste’ fu madre d’ogni gentilezza 30Nel colmo della rota:
Italia, donna di ciascun terreno.
Ma, po’ che Costantin la dette in dota
Alla scisma cristiana e tirannìa
E quella simonìa 35Che guasta il divin culto; più che mai
Ell’ha provati i dolorosi guai,
Ch’a poco a poco ell’è venuta meno;
Però che sanza freno
Ciascuno è corso a stracciargli li panni; 40Chi con rapina, e chi l’ha colta a inganni.
Non dico ancor del detestabil seme
Nimico di quïete e caritade,
Che dicon libertade
E con più tirannìa han guasto il mondo. 45O giustizia di Dio, perchè non preme
Tanta nequizia frodo e crudeltade,
Che ne venga pietade
A chi d’ogni lor mal è più giocondo?
Costor con loro inganni han messo al fondo 50Già le cose di Dio,
E conculcato quasi ogni vicino.
Or è venuto il tempo, ora ’l destino
Della santa giustizia a vendicarsi:
Ora veggio svegliarsi 55Italia bella, e chiama a te vendetta.
Tu ve’, Signor, che ciascheduno aspetta
El tuo santo vessillo el tuo domìno;
Ch’el sangue fiorentino
Purghi ogni sua più venenosa scabbia, 60E noi siam franchi da cotanta rabbia.