Per questa intera via si saglie e corre
Al sommo ben felice ed a quel fine, 144Che nè resìa nè morte ’l può disporre.
Lì non si tien le redine nel crine
Della rota del mondo, e non si pugne 147La man per côr la rosa in fra le spine.
O felice colui che si compugne
Ad ora, e col ben far sempre s’adopra, 150E non aspetta in fin che ’l prete l’ugne!
Qui mostra degno premio a ciascun’opra,
Qui finisce il comedo e sì t’accenna: 153Or cerca ingegno altrui che te lo scopra.
Poco poi scrisse la famosa penna,
Finito il libro suo, chè Beatrice 156L’anima chiese, e l’ossa ebbe Ravenna.
O vita sua perpetua e felice,
Vaso d’elezïon, esemplo nostro, 159Che così morto vivo anche si dice!
Non fur i panni suoi purpura d’ostro,
Non furo i cibi delle varie prede; 162Ma furon scienza calamaio e ’nchiostro.
Nacque, vacante la romana sede,
Corrente ’l tempo a’ prosperi annali, 165Ch’emme du’ ci con se’ e cinque procede.
Cinquansei soli stette fra’ mortali,
E fece altr’opre grazïose e belle; 168Poi verso il ciel fuggendo aperse l’ali,
Con Beatrice ad abitar le stelle.
(Dalle Rime e Prose del buon secolo tratte da mss. e in parte inedite, per Telesforo Bini; Lucca, Giusti, 1852.)