O lume d’eloquenza fra’ divini
Poeti, che per fama hai venerato 27La patria tua e tutti i tuoi vicini!
Ben ti puoi millantar, popolo ingrato,
Del ben che ’n vita tu non conoscesti, 30Ed anche il cener suo hai disprezzato.
Non fur gli antichi tuoi tanto molesti,
Che discacciasse le virtù invidia 33Sol per ben fare, come tu facesti.
Oh maledetta fame, oh trista invidia
Delli stati caduchi, anzi veneno, 36Che v’ha acciecati nella sua perfidia!
Brievi e leggieri assai più che baleno,
Divisi con affanni e con paura, 39Dove venìano a poco a poco meno!
Non bastan pur le tombe e sepolture
All’osse svelte dalle crude morti; 42Chè ne son pieni i poggi e le pianure.
Rapine incendi uccisïoni e torti,
Puttaneggiar le vergini e gli altari... 45O giustizia di Dio, come ’l comporti?
Questi boccon desiderosi e cari
Acerberan la strozza ancor a’ figli, 48E forse a’ nostri dì parranno amari.
Trovossi Dante tra cotali artigli,
Che per seguir gli stati e ’l ben civile 51Corse in esilio ed a maggior perigli.
Tutto fu lume al suo spirto gentile,
Che sviluppato di sì gran disìo 54Tolse da poi così leggiadro stile;
E, posti gli error pubblici in oblìo,
Dopo gli studi italici, a Parigi 57Volse abbracciar filosofìa e Dio.
Non molto stette poi riveder quici
La Scala i Malespini il Casentino, 60Che fur di lui veder troppo felici:
E poco poi rivolse il suo cammino
Al buon Guido Novel, quel di Polente, 63Sì gentil sangue fatto poi Caino.