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RIME

XXXVI

Franco Sacchetti, essendo podestà di San Miniato, 1392, de’ 12 ottobre, mandò a messer Pietro Gambacorti, signor di Pisa.

     Quando m’è detto, o nobil Gambacorta,
Che voi abbiate febbre od altro morbo,
Ne’ miei pensier divento tutto torbo,
4E dico: Or fia ciascuna virtù morta!
     Perchè veduto ho la vita corta
Ne’ signor degni; e quando il mondo è orbo
Rimaso di falconi, e come il corbo
8In ogni parte segue la via torta.
     Penso a Carlo a Filippo ed Adoardo,
A Uberto ed al vostro Ciprïano;
11E nel pensiero io mi consumo et ardo.
     Azzo da Esti e Luchin da Melano,
Mastino e gli altri torneranno tardo,
14Perchè ’l lor seme è già d’ogni ben vano.




XXXVII

Avvenne poi che la fortuna nimica d’ogni bene, con tradimenti e avvelenati colpi, diede morte al detto messer Pietro, lunedì il dì di santa Barbera, a dì 21 del mese d’ottobre, alle 19 ore, anno 1392.

     Che può’ tu far più ora, iniquo mondo,
E qual signor volgera’ tu fortuna?
Da poi che ambizion con voi s’aduna
4Un buon che c’era avete messo al fondo.
     Lasso, ch’io son colui che mi confondo,
Veggendo quanti mal sotto la luna
Questa Italia misera raguna
8A disfar ciaschedun ch’è più giocondo.


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