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RIME

Ch’ancor risuona, del famoso corno.
Non so guardar tanto i tuo’ figli attorno,
10Che io conosca qual sia di tue gesta:
Nè con armata vesta
Veggio nessun seguire il tuo vessillo,
A ciaschedun parendo esser Camillo.
     Se le confuse lingue della torre
15Fosson in lor, che son settantadue,
Le portature sue
Tutte ci sono ed ancor più ben cento.
Non studian altro che levare o porre,
Or giù or su, ed ora meno or piùe:
20Or formica ed or bue
Voglion parer nel lor dimostramento.
Non si trova nessuno esser contento,
Se l’un l’altro con foggia non avanza.
Tant’è la lor costanza,
25Che in un sol dì voglion parer di mille
Provincie e terre e d’oltramonti ville.
     Cominciando dal capo, quanto è nuova
Cosa, a veder la notturna berretta
Esser di dì costretta
30Sovra ’l capuccio frastagliato stare!
Dove, d’intorno al volto, fatti in prova
Stanno moscon di panno, una righetta
Che ciaschedun si getta
A dar negli occhi e ’l naso a tempestare.
35Sanza che, io veggio gole abbottonare
E gozzi stringer più che con randello,
A rischio no il cervello
E gli occhi che non escan dalla fronte,
Per farsi d’acqua uccelli e non di monte.
40     E quanti uncini e raffi alle lor spalle
Portano e corde, chi gli mira il vede:
Una nave possede
Tal’ora men di lor canapi e sarte.
Più allacciati son che strette balle,
45Cominciando dal capo in sino al piede.
Nessun quasi non sede,
Che non rompa il legame o tutto o parte.


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