Democrito si pinse a tanta doglia 100Gridando — Ed ïo son qui maledetto,
Che per caso fortuito il mondo retto
Esser sostenni e non per ragïone.
O falsa opinïone
Che fatto perder m’hai la patria lieta! 105Ed ora pellegrin, per sentir peggio,
Son dal caro poeta. —
E gli Epicuri e chi con loro attese
Si percotean nelle mortali offese.
Nino con molti assirïani regi 110Dicevan — Chi sarà autor di noi? —
Piangean li Persi e così li Tebani,
Agamennon, Achille e gli altri egregi
Del greco stuolo; ed a lor seguìa poi
Enea Ettore e Paris co’ Troiani. 115Po’ venia maggior fiotta di Romani,
Bruto, Fabrizio, Scipïone e Cato,
Metello, Fabio, Camillo e Torquato,
E Cesare e Pompeo, con tanti attorno
Ch’io non potrei descriverli in un giorno. 120In altra parte co’ suoi Aniballe,
Annone ed Asdruballe;
Alessandro e Filippo avean tal suono,
Attalo ed Antïòco, ed ancor Pirro:
Tutti pareano un tuono 125Gridando — Al mondo omai perduto abbiamo
Chi dimostrava ciò che noi lasciamo. —
Io non potrei mai dir quanto si canta
Dov’egli è ito, e quanta doglia prende
Chi l’ha perduto e chi gli sta da lunga. 130Un loco è solo in terra che si vanta
Della sua morte; e ragion che ne rende
È che ’l sepolcro suo là si congiunga.
O villetta d’Arquà, qual fia ch’aggiunga
Di fama a te, avendo tal reliqua? 135O Antenòr, già mai non fia obliqua
La gloria del Signor dove fondasti
La terra: Italia e il corpo lì lasciasti,
Che l’amò vivo ed or morto l’esalta.