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BUONACCORSO DA MONTEMAGNO

XIV


     L’ama gentil che sospirando move
L’avorio e l’ostro che ’l pensier m’invesca,
Col soave spirar più non rinfresca
4I disir caldi. . . . . . . . .
     Onde, se da’ bei labbri ancor non piove
L’usata grazia e le parole ch’esca
Fur di mia vita nell’età più fresca,
8Convien che morte lagrimando prove.
     Però, cor mio, tu che con lei dimori,
Io ti consiglio, quando è più serena,
11Che gli rammenti il duol che mi consuma.
     Forse ella per oblìo mi dà tal pena;
Chè aver diletto degli altrui dolori
14Da spirito gentil non si costuma.

(Dal vol. II delle Poesie italiane inedite del Trucchi, che lo estrasse dal cod. 1041 strozz.)



XV


     Quando salir fuor d’orïente sôle
La messaggier de’ futuri giorni,
Dormendo udii fra lauri faggi ed orni
4Quella a cui porta molta invidia il sole.
     Volsimi al suon di suo’ dolci parole,
Per veder gli atti pellegrini e adorni.
— Che fai, diss’ella, qui? dove soggiorni,
8Disonesto par noi veder qui sole. —
     — O degli occhi miei scorta, luce mia —
Volevo dir, che sorridendo pose
11Sopra l’omero mio la bella mano.
     I’ mi riscossi, chè sì dolci cose
Sofferir mia virtù più non potìa:
14Amor così pur mi nutrica in vano!


(Questo Sonetto, attribuito a Niccolò Tinucci, fu, con l’autorità di moltissimi codici, restituito al Montemagno da F. Trucchi, il quale lo ristampò ammendato nelle citate Poesie italiane inedite.)



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