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GIOVANNI BOCCACCI |
XXIX
Io ho messo in galea senza biscotto
L’ingrato vulgo, e senza alcun piloto
Lasciato l’ho in mare a lui non noto
4Benchè se ’n creda esser maestro e dotto:
Onde il dì su spero veder di sotto
Del debol legno e di sanità vôto;
Nè avverrà, perch’ei sappia di nuoto,
8Che non rimanga lì doglioso e rotto.
Et io, di parte eccelsa riguardando,
Ridendo in parte piglierò ristoro
11Del ricevuto scorno e dell’inganno;
E tal fïata a lui rimproverando
L’avaro senno et il beffato alloro,
14Gli crescerò e la doglia e l’affanno.
XXX
Apizio legge nelle nostre scole
E ’l re Sardanapalo, e lor dottrina
Di gran lunga è preposta alla divina
4Dagli ozi disonesti e dalle gole.
Nè verità in fatti et in parole
Oggi si trova; e ciaschedun inchina
All’avarizia siccome a reina,
8La quale in tutto può ciò che la vuole.
Onestà s’è partita e cortesìa,
Et ogni altra virtù è al ciel tornata,
11Et insieme con esse leggiadrìa
Dalle villane menti discacciata.
Ma quanto questo per durar si sia
14Iddio se ’l sa ch’ad ogni cosa guata.
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