Pagina:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu/311


RIME

     Senza più far del suo andar quistione,
Retro gli va, et entra in una porta
12Ampia e spedita a tutte le persone.
     Adunque entrati nell’äura morta
L’anime triste vider di coloro
15Che senza fama usâr la vita corta;
     Io dico de’ cattivi; eran costoro
Da’ moscon punti, e senza alcuna posa
18Correndo givan con pianto sonoro.
     Quindi, venuti sovra la limosa
Riva d’un fiume, vide anime assai,
21Ciascuna di passar volonterosa.
     A cui Caron — Per qui non passerai —
Di lontan grida; appresso, un gran baleno
24Gli toglie il viso e l’ascoltar de’ guai.
     Dal qual tornato in sè, di stupor pieno
Di là dall’acqua in più cocente affanno
27Non per la via che l’anime teniéno
     Si ritrovò. E quindi avanti vanno,
E i pargoletti veggon senza luce
30Pianger per l’altrui colpa eterno danno.
     Dietro alle piante poi del savio duce
Passa con altri quattro in un castello,
33Dove alcun raggio di chiarezza luce:
     Quivi vede seder sopra un pratello
Spiriti d’alta fama senza pene
36Fuor che d’alti sospiri, al parer d’ello.
     Da questo loco discendendo viene
Dove Minos esamina gli entranti
39Fier quanto a tanto officio si conviene;
     Quivi le strida sente e gli alti pianti
Di quei che furon peccator carnali,
42Infestati da venti aspri e sonanti:
     Dove Francesca e Paolo li lor mali
Contano. E quindi Cerbero latrante
45Vede sopra i gulosi; in fra li quali
     Ciacco conosce. E procedendo avante
Trova Plutone, e’ prodighi e gli avari
48Vede giostrar con misero sembiante.


— 305 —