Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
GIOVANNI BOCCACCI |
Suon rendono a coloro a cui sentenza
Come di savie stiamo: e la tua male
123Di pasturare qui difesa scienza
Con altrui cerca coprirla di tale
Mantel, che meco; chè tu se’ inimico
126Di greggia, più che guardia o mandriale;
Di che ancora anderai tristo e mendico.
V
Io son sì vaga della mia bellezza,
Che d’altro amor già mai
Non curerò ne credo aver vaghezza.
Io veggio in quella, ogn’ora ch’io mi specchio,
5Quel ben che fa contento lo ’ntelletto;
Nè accidente nuovo o pensier vecchio
Mi può privar di sì caro diletto.
Qual altro dunque piacevole oggetto
Potrei veder già mai,
10Che mi mettesse in cor nuova vaghezza?
Non fugge questo ben, qual’or disìo
Di rimirarlo in mia consolazione;
Anzi si fa in contro al piacer mio
Tanto soave a sentir, che sermone
15Dir nol potrìa ne prendere intenzione
D’alcun mortal già mai,
Che non ardesse di cotal vaghezza.
Et io, che ciascun’ora più m’accendo
Quanto più fiso tengo gli occhi in esso,
20Tutta mi dono a lui, tutta mi rendo,
Gustando già di ciò ch’el m’ha promesso;
E maggior gioia spero più da presso
Sì fatta, che già mai
Simil non si sentì qui di vaghezza.
(Questa e le tre seguenti Ballate sono tratte dal Decamerone.)
— 290 — |