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RIME

     Nè perchè il lupo se ne porti alquante
I’ non me ’n curo, tale è la pastura
24Che tosto più ne rende o altrettante.
     I’ do loro ombre di bella verdura,
Nè con vincastro vo quelle battendo:
27Come le piace, ognuna ha di sè cura.
     Vicini ha molti rivi che correndo
D’intorno vanno a loro, ove la sete
30Ispenta, poi la vanno raccendendo.
     Ma voi Arcadi sì poche n’avete,
Che ’l numero v’è chiaro; e tanto affanno
33Donate lor, che tutte le perdete;
     E non che pascere ma elle non hanno
Ne’ monti ber che basti: e pur pensate
36Di più saper che noi, con vostro danno.

ALCESTO


     Le nostre in fonti chiare dirivate
Di viva pietra beon con sapore
39Tal che le serva in lieta sanitate:
     Ma le tue molte tirano il licore
Mescolato col limo, e tabefatte
42Corrompon l’altre e muoion con dolore.
     E le tue furibonde rozze e matte,
Diversi cibi avendo a rugumare,
45Deboli e per ebrezza liquefatte
     Si rendono, e non posson perdurare
In vita guari; et il lor latte è rio
48Nè può vitali agnei mai nutricare.
     Ma il cibo buono che il peculio mio
Dalla pietra divelto pasce e gusta
51Lor poche serva buone; e ciò che io
     Ne mungo è saporoso. E quella angusta
Fatica del salir le fa vogliose,
54E veder chiar dall’erba la locusta.
     L’aria del monte le fa copïose
Di prole tal che ’n bene ogn’altro avanza,
57Poi l’empie d’anni e falle prosperose.


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